Appunti
Il Padrone di casa è un signore distinto sulla sessantina, bussa alla porta di quello che sarà il mio appartamento, e si fa aprire dal ragazzo - forse uno studente universitario - che ancòra ci abita. Mi fa strada, noncurante delle impronte delle scarpe che lascia sul parquet ... "tanto, dopo lui pulisce" - mi dice, accorgendosi del mio disappunto.
Io avanzo di due passi, poi il pudore interiorizzato in 50 giorni di pratica quotidiana ha la meglio : torno indietro, mi tolgo gli scarponcini cinesi comprati al bazar di Kadesheva - nella periferia sud-orientale della capitale uzbeka - e li pongo in un angolo.
Guardo i segni che ho maldestramente lasciato.
C'è un attimo preciso e luminescente in cui percepiamo perfettamente la transizione tra due ambienti e/o fasi delle nostre vite - dove ci troviamo e cosa facciamo, un "nowhere" in poche parole - e quello era uno dei miei : ero arrivato in Europa, m'ero lasciato alle spalle quel continente euroasiatico - una volta era chiamato "Unione Sovietica" - in cui vige la sacralità domestica dei tappeti, e la conseguente "legge" non scritta (ma declamata dalla donna di casa) di togliersi lo sporco della strada alle estremità delle gambe, per camminare scalzi nel "nido" riscaldato da una vecchia stufa.
Con l'inderogabile samovar che borbotta in cucina : l'acqua per l'ennesimo tè o caffè è pronta.
Guardo i segni che ho maldestramente lasciato.
E mi viene un groppo alla gola : come un flash visivo, adesso ho davanti ai miei occhi, nitidi, Andreij, Olga ed Erich - in pratica lo "stato maggiore" della mia compagnia di amici a Tashkent - che mi salutano agitando le mani, aldilà del nastro che separa i passeggeri dagli affetti al terminal internazionale, mentre sto girando loro le spalle per cominciare la noiosa, lunga trafila del check-in e dei controlli anti-terrorismo, all'inizio di un lunghissimo "tunnel" che ha l'altro capo "a casa".
Che sarebbe un qualche luogo in Europa, il continente sognato dai giovani uzbeki, anche più dell'"America". Tuttavia, nel corso di questo itinerare sto ridefinendo in maniera elastica il mio personale concetto di "casa".
Qualche ora di attesa a Sheremetyevo 2 per la coincidenza, dove io e un dirigente cinese delle telecomunicazioni siamo felici d'essere presi in affidamento da un'impiegata dell'Aeroflot tanto bella - temporaneamente materna - che non la potrò più dimenticare.
Le ampie vetrate ai lati mostrano l'azzurro del cielo baltico, ch'è spezzato dal verde delicato della moquette, un colore che vedreste bene in un bagno ben curato o una camera da letto. E' talmente soffice che non sento i miei passi, l'ambiente è spopolato e contraddistinto da un silenzio irreale, se la traccia sonora fosse tagliata e montata consequenzialmente al rumore delle bolgie centro-asiatiche.
Sembra di essere sul set di un film, o dello spot pubblicitario di una compagnia aerea, tanto è lindo. I polmoni, inspirano ingordamente un'aria pura e mai dimenticata che mi rimanda la memoria ad un altro viaggio, tre anni fa.
Sono all'aereoporto di Tallinn, sto pestando "terra" europea ma ancòra non realizzo.
Gli occhi mi si inumidiscono un attimo.
Il piccolo appartamento mansardato è simile ad un suo gemello che avevo visto tre giorni prima (ma perso per un soffio), anzi meglio : una parete divisoria crea gli spazi dell'ingresso e della zona notte, e - come l'altro - è ben coibentato.
Fuori nevica a tratti e fa freddo, come solo le prime tre settimane in Uzbekistan ... è quello che fa per me : firmo il contratto d'affitto.
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Bufalo = Appunti di viaggio n. 01 (da Bologna a Berlino)
ottimo inizio!!!!Bravo...
RispondiEliminaMa cosa fai adesso?
RispondiEliminaGoscartan
Grazie ... ho iniziato a scrivere a random.
RispondiEliminaMa avevo già pubblicato degli appunti di viaggio (da Bologna a Berlino).
Settimana dedicata agli acquisti di attrezzatura e generi basici per la casa + pulizia e piccole beghe da sistemare.
Slumo e punto la figa locale.
Sgobbo su grafica e codice binario.