Eccezionalmente per l'epoca l'opera è firmata in modo criptico, componendo un monogramma e iscrivendo l’una dentro l’altra le lettere del nome VITALIS. La firma appare nella marchiatura del cavallo (in latino equus) in modo da alludere al cognome del pittore: Degli Equi.
Vitale, grazie anche a un’efficientissima bottega, elabora un proprio linguaggio, in cui si mescolano ricerca di espressività e attenzione ai particolari.
Qui, per esempio, il movimento è accentuato dalla posa del cavaliere, che con i capelli al vento e la tunica rossa svolazzante sotto la maglia di ferro, si getta sul drago, tenendo saldamente per le briglie il bellissimo cavallo imbizzarrito. La principessa, invece, volge il capo indietro, gettando un ultimo sguardo alla scena.
Le decorazioni dorate, lavorate a punzone, che ancora sopravvivono per esempio nelle ginocchiere dell’armatura, nelle scarpe o nell'aureola del santo, accentuano l’effetto di tridimensionalità.
Il fondo blu anziché dorato, com’era consuetudine nei dipinti trecenteschi, fa pensare che la tavola fosse originariamente inserita in una parete affrescata, entro cui intendeva mimetizzarsi.
L'assenza nella parte alta e bassa della fascia decorativa a motivi geometrici, presente sui lati, fa supporre che sia stata in passato ritagliata.
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