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IL RAPPORTO DELLA POLITICA ODIERNA CON LE CLASSI SOCIALI, TRA RAPPRESENTANZA E RAPPRESENTAZIONE di Riccardo Paccosi Questo meme contro il Movimento 5 Stelle induce, senza volerlo, a riflessioni molto più serie della polemichetta spicciola e politicista - e di taglio socio-razzista - che vorrebbe veicolare. Tanto per cominciare questo meme, senza volerlo, una cosa a favore del M5S la sottolinea: in quel partito maggiormente che in altri, chi proviene da una condizione lavorativa precaria e a basso reddito, ha qualche possibilità di fare carriera. Da questo portato biografico dei dirigenti, infatti, discende il maggior grado di connessione sentimentale del M5S con la working class del XXI secolo. In questi tempi strampalati, del resto, non dovrebbe stupire nessuno il fatto che, ad avere maggiore colleganza di classe, sia un partito i cui esponenti neppure sanno cosa voglia dire la parola "classe". D'altro canto, in partiti come il PD o Liberi e Uguali - e parlo per conoscenza interna e diretta - la condizione e la cultura medio-alto-borghesi sono da tempo onnipervasive, totalizzanti e hanno eretto un muro, emotivo e cognitivo, tra quelle classi dirigenti e la maggioranza della società italiana. Suddetto muro cognitivo, difatti, è espresso da questo stesso meme anti-grillino laddove, per attaccare il Movimento 5 Stelle, non ci si rende neppure conto di stare esprimendo un respingente razzismo sociale nei confronti del lavoro precario. Detto questo, il meme sottostante indica altresì aspetti più generali e questi ultimi sono decisamente meno lusinghieri per il M5S. Intanto, viene indicata una correlazione inquietante fra dimensione pubblico-spettacolare e sfera politica. Come parimenti evidenziato dai percorsi biografico-televisivi di Renzi e Salvini da giovani, si sta materializzando il senso comune secondo cui il percorso che conduce alla carriera politica non consterebbe tanto dello studio delle discipline e delle pratiche sociali a questa connesse, quanto dell'aver appreso competenze inerenti soltanto alla comunicazione e alla spettacolarità. Quindi, chi ha partecipato a programmi d'intrattenimento televisivo, risulta in qualche modo "più competente" di chi ha svolto inchiesta sociale. A fare da unico contraltare a questo paradigma della politica-spettacolo, al momento, è il culto di una tecnica iper-specialistica. Questo culto - principalmente sostenuto in Italia dal centrosinistra - nasconde, però, la prospettiva dell'uniformità ideologica: a profili come quelli di Casalino e soci, cioè, viene contrapposto oggi chi ha fatto il Master negli Stati Uniti, chi ha lavorato con Ocse o FMI e altri ambiti specificamente predisposti per la classe dirigente e per i suoi specifici interessi - che sono per l'appunto interessi specifici di classe. Il modello dei "tecnici"- che forse anche questo meme sottintende - consta insomma d'un trucco retorico che sottende l'idea d'un ceto dirigente integralmente e pedissequamente aderente all'ideologia liberista-globalista. In tutto questo, grande assente risulta essere il percorso politico militante - fatto di studio e applicazione sociale - che era garantito agli esponenti di tutte le classi, che teneva conto della correlazione di non sovrapponibilità fra tecnica e visione del mondo e che, un tempo, era caratteristico dei partiti a iscrizione di massa. Infine, l'immagine sottostante ci suggerisce un ulteriore e discutibile messaggio. Dal momento che l'ascensore sociale è nei paesi occidentali - secondo tutte le istituzioni di ricerca esistenti - completamente bloccato, l'immagine di lavoratori precari divenuti ministri reca con sé una discutibile concezione di lotteria sociale. Infatti, nei sistemi capitalisti occidentali il cosiddetto "darwinismo sociale" risulta da tempo superato. Il successo e l'ascesa a una classe più elevata, sono obiettivi oggi all'insegna di una scarsità tale che, ormai, il paradigma darwinista secondo cui il più determinato e aggressivo ha possibilità di emergere, risulta insufficiente. Il nuovo paradigma post-meritocratico del neoliberismo, più puntualmente, punta dunque sull'evidenziare il fattore della fortuna, sullo spostare le aspettative verso l'imponderabilità del Caso; sull'idea del successo, insomma, paragonata a una vincita alla lotteria. Dunque, il meme sottostante ci restituisce sì l'immagine di un M5S dove il precario può fare carriera ma, finché l'ascensore continua a risultare bloccato a tutti i livelli della società, restituisce al contempo l'apologia di un precariato che può solo aspirare al modello selettivo della lotteria. Cosa possiamo trarre da tutto questo? Il campo d'indagine che una riflessione come questa potrebbe aprire, consta della necessità di una politica che rifletta sui meccanismi di formazione che le sono propri, sulla continuità dei propri canali di comunicazione con la sfera sociale, sulla necessità di organizzazioni di massa che garantiscano tale continuità. Questo affinché, nel rapporto fra politica e classe lavoratrice, si passi dall'attuale rappresentazione a un'autentica e compiuta rappresentanza. |
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Replico l'analisi di Riccardo Paccosi [ 1 , 2 ] che supera il livello dell'avanspettacolo per centrare il punto della crisi della politica, che è crisi di rappresentanza e quindi democratica.
Qualcuno direbbe “mutazione” dopata dagli strumenti mass-mediatici, una mutazione tossica, che nasconde ulteriormente i termini basilari delle questioni sul tavolo.
L'amico è chiaramente nostalgico di un certo modo di fare politica, ma io non vedo la possibilità del ritorno ai grandi partiti di massa, essendo la società “italiana” ed europea occidentale in genere framtumata in milioni di sfaccettature singole, oggi difficilmente riconducibili ad un afflato comune, massivo, e tale difficoltà è stata esponenzializzata dalla mass-immigrazione di plurime etnie affatto dissimili tra loro e da noi cosiddetti “autoctoni”, sempre più “frullati”.
Reggerà ?
Avrà vita lunga, l'attuale schema ?
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